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Il consulente finanziario: tecnico e/o educatore?

In questi primi mesi di presenza sul web, ho toccato una serie di argomenti fondamentali per offrire un panorama piuttosto completo del sistema finanziario, e di tutte le implicazioni psicologiche che ne possono derivare per gli investitori ma c’è ancora un tema che desidero mettere in risalto e che ha sempre fatto da sfondo a tutti i miei interventi giocando un ruolo chiave nella scelta delle mie parole: l’attività di consulenza o, meglio, il ruolo del consulente finanziario. 

Mi è capitato, non di rado, di imbattermi in persone che preferiscono gestire i propri risparmi in perfetta autonomia – quindi senza l’esigenza di appoggiarsi a uno specialista che li supporti nelle decisioni da intraprendere – e che ottengono anche risultati piuttosto buoni quando i mercati sono molto positivi. Ma è proprio sulla variabilità di questo andamento che entra in gioco la figura del consulente finanziario. 

Dal mio punto di vista, un bravo professionista in questo ambito svolge essenzialmente due funzioni: una prima di pianificazione e gestione dei patrimoni e delle risorse che gli vengono affidate, e una seconda legata all’innalzamento del livello di cultura finanziaria del proprio cliente e di tutti coloro che entrano in contatto con lui. 

Pianificazione e gestione dei patrimoni e delle risorse  

In questo caso, non posso non pensare a quanto vi ho raccontato negli ultimi mesi soprattutto se mi ricollego agli approfondimenti dedicati a una corretta pianificazione finanziaria e agli aspetti emotivi e irrazionali che caratterizzano ciascuno di noi: decisamente più tecnico il primo e più soft e relazionale il secondo; ma  è nella loro perfetta sintesi che si realizza l’attività di consulenza ideale, capace di offrire risposte adeguate a ciascuna fase del nostro percorso di vita.  

Posso anche aggiungere, allargando la visione all’attuale contesto storico, che un welfare via via più leggero ci porterà inevitabilmente a dover affrontare la realtà in modo più autonomo e indipendente: pertanto rimarrà senza dubbio importante una buona gestione delle componenti finanziarie del singolo ma, ancor più pregnante, sarà l’avere un quadro di riferimento allargato e coerente su tutti gli aspetti nuovi e su tutti i bisogni che periodicamente ci troveremo ad affrontare. 

Ed è proprio da qui che deriva l’importanza di condividere un percorso di confronte di scambio di opinioni con un professionista di fiducia che, consapevole delle nostre peculiarità, sia in grado di consigliarci scevro da implicazioni emozionali. 

> Innalzamento del livello di cultura finanziaria 

Il rapporto con un consulente finanziario non si esemplifica solo attraverso l’arricchimento culturale ma ci consente di acquisire quella padronanza e autonomia necessarie a governare fasi e decisioni importanti del nostro percorso. 

A tal proposito, desidero condividervi un dato estrapolato da un articolo scritto dal Professor Sabino Cassese in un recente intervento apparso sul Corriere della Sera: 

In materia di competenze finanziarie il punteggio medio degli Italiani è 3,5 su una scala di 7, contro una media di 4,3 dei paesi del G20. 

Non è certo questa la sede per andare alla ricerca dei fattori che hanno determinato tale situazione: è però chiaro che il Gap esista e che sia necessario fare qualcosa per migliorare una simile carenza. 

La complessità di un mondo che ha subito nel breve intervallo di qualche anno cambiamenti inimmaginabili e di difficile lettura rende a mio avviso sempre più complessa la gestione cosiddetta “fai da te”. Insomma l’educazione finanziaria non è da vedersi soltanto come una delle risposte alla crisi, ma una competenza di base che ci permetterà di progettare il nostro futuro. 

Pertanto ritengo che anche il confronto e il contatto con un professionista rientrino fra le modalità più efficaci per ottenere un fattore di crescita individuale e collettivo: l’esclusività di un rapporto di fiducia non potrà che giovare alla qualità dello scambio. 

Claudio Cavallo