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Finanza comportamentale: le trappole emotive

A volte, può succedere che nel nostro agire quotidiano l’istinto ci porti a commettere degli errori, immagino che sia capitato a tutti noi almeno una volta nella vita. Generalmente, l’istinto ci protegge – ed è importante che lo faccia – guidandoci e avvertendoci in situazioni pericolose o di rischio ma nell’ambito degli investimenti questa deriva del nostro cervello può facilmente creare alcuni problemi, con relative conseguenze non gradite.

Con l’ausilio delle neuroscienze, seppur in tempi relativamente recenti, sono stati condotti specifici studi per meglio comprendere le modalità con le quali gli investitori assumono le proprie decisioni.

Fino a non molto tempo fa, si pensava che fossero prese attraverso percorsi mentali logici e razionali – vale a dire vagliando tutte le variabili in gioco in modo asettico – ma la novità sorprendente è che è stato scoperto che la nostra parte intuitiva ed emozionale influenzi pesantemente il processo decisionale.

Alcune ricerche si sono spinte al punto di quantificare quanto i meccanismi della nostra mente ci possano influenzare, giungendo alla conclusione che i fattori emotivi peserebbero in percentuale sul nostro percorso decisionale addirittura per l’88%!

Da una simile constatazione, ne discende che le emozioni possono portarci fuori strada. Come fare per riconoscere alcune delle situazioni fuorvianti dettate, appunto, da stati mentali non razionali?

Ragionevolmente, si può intraprendere un sano percorso di “allenamento” visto che, come sappiamo, “governare” un’emozione è un processo complesso e lungo.

Per chiarirvi meglio il quadro, e senza pretese di esaustività, desidero riportarvi alcuni esempi di errori o, meglio, di euristiche: le scorciatoie mentali atte a semplificare il percorso decisionale. E sono proprio loro che sovente ci conducono fuori strada poiché fuorviate da fattori emotivi:

> Overconfidence o, molto più semplicemente, il sovrastimare le nostre capacità e competenze in materia. Fortunatamente, in finanza, questo tipo di trappola è percentualmente poco diffuso tra i risparmiatori. Una sua sottocategoria è l’illusione del controllo: “In qualche modo me la cavo…”.

> Status Quo, vale a dire il non abbandonare le vecchie abitudini per paura del cambiamento oppure per semplice resistenza allo stesso. Una sua derivazione è il fidarsi solo delle cose che si conoscono e che danno sicurezza. In percentuale, sono le persone di età più matura ad essere “vittime” di questa euristica.

> Ancoraggio, ossia la tendenza a prendere decisioni affidandosi in maniera eccessiva alla prima informazione che ci viene offerta in merito senza neanche verificare se sia basata o meno su dati rilevanti. Tale trappola viene spesso rinforzata da dinamiche affettive, pensiamo a quando riceviamo consigli dai famigliari e/o amici più cari.

> Framing, il rivolgere troppo l’attenzione a un dettaglio perdendo di vista il quadro generale.

> Avversione alle Perdite, la tendenza a trascurare la prospettiva di lungo periodo per concentrarsi sul breve nel quale prende il sopravvento la paura di subire perdite. La sofferenza per le perdite risulta essere maggiore rispetto alla gioia procurata per un guadagno: si stima addirittura che sia 2,25 volte maggiore.

> Effetto Gregge, molto banalmente, se ci accorgiamo che tutti stanno vendendo in un determinato momento, ci spaventiamo e quindi decidiamo di vendere anche noi senza domandarci se ci siano o meno i presupposti per farlo.

L’elenco delle “storture” individuate e studiate è in realtà più ampio di quello che vi ho appena riportato, in questo intervento ho semplicemente scelto di raccontarvi le più comuni perché conoscerle (e riconoscerle) può rappresentare già un piccolo passo in avanti nella direzione di decisioni più consapevoli.

Resta il fatto che non è per nulla facile metterle a fuoco ma un buon metodo, a mio avviso, rimane sempre quello di esercitare un sano spirito critico prima di qualsiasi iniziativa.

Un altro suggerimento potrebbe essere quello di farsi affiancare da un professionista che, alla competenza tecnica specifica, unisce il vantaggio di un ben minore coinvolgimento emotivo. Ma sul ruolo che può giocare un buon consulente finanziario mi riprometto di ritornare in uno dei prossimi interventi.

Claudio Cavallo