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Riparliamo di finanza sostenibile ma anche di investimenti immobiliari e – a grande richiesta – di criptovalute!

Cosa c’entra la finanza con la transazione ecologica?

La domanda è un po’ provocatoria ma ha una sua ragionevolezza: Il termine “sostenibilità” sta entrando nel linguaggio comune e indica un qualcosa che si introdurrà trasversalmente su molteplici aspetti delle nostre vite. E la finanza ne sarà particolarmente coinvolta in quanto rappresenta uno dei motori più importanti nell’indirizzare questo cambiamento epocale.

Lo spostamento culturale che stiamo intravedendo impatterà le modalità di fare business delle aziende: più saranno allineate con questi nuovi valori (ambiente, sociale, corretto governo di impresa), più si riveleranno performanti e capaci di contribuire attivamente alla transizione ecologico/sociale, pur non perdendo di vista gli obiettivi finanziari e di redditività dei propri investitori.

Il mondo della finanza avrà quindi il compito di selezionare le migliori realtà e di influenzarne il comportamento attraverso la partecipazione al governo delle stesse; pensiamo, ad esempio, a interventi nell’assemblea degli azionisti che bilancino le visioni del Management e presidino gli obiettivi di più lungo termine.

A tale riguardo, un dato decisamente interessante proviene dalla recente pandemia: le imprese già ben orientate in tema di sostenibilità, hanno affrontato meglio la crisi Covid perdendo meno valore e subendo cali di redditività più contenuti.

Il fenomeno è spiegabile con il fatto che, in tempi di forte discontinuità, queste realtà fanno passare in primo piano gli interessi di figure chiave quali dipendenti, fornitori e clienti, rispetto a quelli degli azionisti: è dall’apporto di queste categorie che dipende in larga misura il successo di un’azienda nel lungo periodo. Risulta, quindi, ragionevole salvaguardarle nei momenti critici, contribuendo a assicurare nel tempo anche la redditività della società stessa.

Al contrario, non tenerne conto metterebbe in seria discussione la sopravvivenza dell’impresa: quando ci si ritrova in presenza di enormi “turbolenze” che determinano rischi sistemici che impattano l’intero mercato (quindi esogeni all’organizzazione interna), il valore di una certa filosofia di business improntata alla collettività, emerge evidente.

Simili realtà sono quelle che ricercano, selezionano e monitorano i gestori finanziari e gli asset manager più sensibili e propensi al tema sostenibilità e il valore che esse creano si trasferisce poi negli strumenti finanziari a disposizione dei risparmiatori.

Ed è a questo punto che il cerchio si chiude e si palesa un importante elemento di novità: la nostra (in quanto investitori e, soprattutto, cittadini) partecipazione attiva a un cambio di paradigma ambientale e sociale epocale.

Risulta ovvio che anche il nostro modo di investire, insieme a tutte le iniziative intraprese nella nostra sfera di azione personale, possa rappresentare un contributo determinante per il nostro domani e per il futuro del Pianeta. Non credete?

 

Cosa pensa degli investimenti immobiliari?

Parto dalle conclusioni per chiarirvi che, anche in caso di investimenti immobiliari, il vostro consulente finanziario più giocare un ruolo chiave suggerendovi un’attenta pianificazione patrimoniale in cui gli attivi immobiliari occupino il proprio posto armonizzandosi in una visione più ampia.

Non vi nascondo che, anche per rispondere a questa richiesta, avevo pensato di coinvolgere un professionista del settore ma poi, prima di farlo, ho ritenuto opportuno scrivervi l’intervento che state leggendo. Nonostante io non sia un esperto di questo mercato, qualche considerazione precisa – maturata dall’esperienza con i miei clienti – ce l’ho.

È risaputo che gli Italiani siano innamorati del mattone – e mi riferisco particolarmente alla generazione che ha attraversato il boom economico del dopoguerra: in molti, anche a costo di grandi sacrifici, sono riusciti a accumulare patrimoni immobiliari interessanti (e anche molto grandi).

Guardando alla ricchezza degli Italiani, emerge che i 2/3 della sua consistenza sia fatta di impieghi immobiliari mentre soltanto 1/3 risieda in liquidità o in titoli mobiliari: le trasformazioni verificatesi negli ultimi dieci anni hanno però inciso su questa realtà, stravolgendo un quadro stabile da davvero tanto tempo.

Nella mia personale esperienza registro principalmente due generi di conseguenze:

> La prima è un’errata percezione del valore degli immobili posseduti: se già di per sé non è immediato calcolare con esattezza il prezzo di un determinato immobile, spesso ci immaginiamo quotazioni non più attuali o apprese per sentito dire. Domani vi posterò un grafico in cui l’andamento reale del mercato vi apparirà evidente.

Per avvalorare la mia tesi, vi condivido il recente caso di una persona che possiede una bella villa bifamiliare in un centro importante fuori Torino: questo mio cliente aveva la percezione che il valore di mercato del proprio possedimento fosse di circa 800.000 € ma, nel momento in cui ha deciso di metterlo in vendita, si è visto recapitare un ‘offerta da 550.000 € che era tutt’altro che bassa: in riferimento a quella zona, quelli erano i valori reali.

Nel cogliere il suo stupore mi sono permesso di chiedergli quale sarebbe stata la sua reazione nel caso gli avessi comunicato un decremento di 250.000 € sul suo portafoglio investimenti e vi tralascio il linguaggio colorito della risposta…

> La seconda è data dalle difficoltà che questi patrimoni determinano in caso di successione: al di là di possibili incomprensioni fra eredi nel procedere alla suddivisione o al successivo carico fiscale e/o manutentivo che si determina a fronte di scarsi (o non sufficienti) introiti, talvolta manca addirittura la liquidità per concludere l’iter della successione necessario per poter entrare in possesso dei beni (che magari hanno anche un valore affettivo).

A fronte di quanto scritto fino ad ora, ci tengo a precisarvi che non sono contrario di principio a questa tipologia di investimenti, né tantomeno al fatto che possano rappresentare delle soluzioni interessanti. Penso però, per esperienza, che sarebbe opportuno che cambiassimo completamente l’approccio a favore di una mentalità più manageriale, per non dire industriale.

Infatti, così come per gli investimenti finanziari non risulta più essere efficace il cosiddetto fai da te, anche nel mondo real estate l’autogestione diventa complicata in quanto esistono parametri ben precisi da conoscere e applicare, così come è fondamentale una chiara visione sulle ubicazioni e non solo.

A mio avviso, sono decisamente interessanti i tagli piccoli o medi da affittare a studenti oppure le case vacanza al contrario, il classico appartamento in città da concedere in locazione, potrebbe creare delle problematiche (basti pensare agli affitti) ma non mi voglio addentrare oltre su un terreno che non conosco in maniera approfondita: vi prometto di ritornare sull’argomento più avanti con le parole di un professionista dedicato come ho già fatto in passato per altre materie.

Concludo con la speranza di essere riuscito a spiegarvi il perché, nell’introduzione, ho nuovamente riportato l’attenzione sull’importanza di una buona pianificazione finanziaria: avere un quadro di riferimento preciso, non solo funziona ma si rivela puntualmente molto efficace.

 

C’è un’alternativa che mi consiglia alla liquidità ferma sul conto?

Questa è una richiesta che contiene una piccola e garbata provocazione: il pensiero di chi l’ha formulata privilegia già il conto in banca considerandolo un “porto sicuro” capace di neutralizzare i risparmi da qualsiasi evento perturbativo esterno. Tant’è che le ultime statistiche sull’argomento indicano che gli Italiani tengono fermi sui propri conti correnti circa 1800 miliardi di €!

Come consulente finanziario ho (ovviamente) qualche breve considerazione da proporvi:

> Nel caso in cui questo tipo di decisione derivi dalla paura di perdere i nostri soldi investendoli è opportuno evidenziare che – seppur impercettibile in questo momento storico – l’inflazione esiste e, quindi, tenere il denaro fermo sul conto ci porterà come unica certezza al pagamento di una tassa occulta dovuta alla perdita di potere di acquisto.

La paura di perdere i nostri soldi investendoli, spesso sottintende una nostra più intima “ricerca di sicurezza”: non dimenticate, se è questo il vostro stato d’animo, che esistono alcune soluzioni a basso rischio che rendono comunque la scelta di investire quella più opportuna.

> Nel caso in cui il fermo sul conto derivi dalla paura di investire sui mercati azionari visto lo stato attuale di incertezza, potrebbe soccorrerci il metodo: ossia la possibilità di prendere posizione sui mercati in modo graduale e con tempistiche e importi che possiamo liberamente decidere e modificare quando lo preferiamo. Questa modalità ci permetterà di attenuare le oscillazioni mediando i prezzi in ingresso e ci metterà al riparo da possibili bruschi decrementi dovuti a improvvisi storni di mercato.

La paura di investire sui mercati azionari, è tipica anche in quelle persone che sono già caratterialmente propense a accettare un’adeguata e ragionata porzione di rischio ma che non si fidano dell’incertezza che caratterizza questo periodo. Se vi rivedete in questa esemplificazione è giusto che vi fornisca anche un altro suggerimento, ossia di investire sui “mercati privati”.

Tramite intermediari qualificatissimi che selezionano rigorosamente alcune opportunità di investimento, possiamo diventare comproprietari di una certa realtà di impresa oppure creditori della stessa a seguito di un prestito: questa formula ci terrà lontano dalle oscillazioni dei mercati quotati e dalle loro molteplici variabili.

Investire sui mercati privati ha caratteristiche molto particolari che mi riprometto di approfondire in un prossimo intervento ma non dimenticate che questa proposta ha una sua ragionevolezza e rappresenta una possibilità interessante per diversificare ulteriormente un portafoglio anche alla luce del fatto che recentemente sono state ridotte significativamente le soglie minime di ingresso (a differenza dei primi collocamenti che richiedevano cifre importanti per entrare nello strumento).

Non so se le mie brevi considerazioni siano sufficienti per fornirvi una diversa chiave di lettura rispetto al collocamento della vostra liquidità ma posso aggiungervi un pensiero: se le ingenti risorse attualmente “parcheggiate” sui conti fossero impiegate in maniera migliore, rappresenterebbero un tassello importante per la ripresa economica del nostro Paese nonché un atto di fiducia verso il futuro.

 

Che cosa ne pensa della criptovalute?

Ci stiamo addentrando in un territorio piuttosto complesso e variegato per questo, vi anticipo, non è facile trarre conclusioni oggettive: possiamo però fare qualche considerazione basandoci su semplici dati di fatto.

Guardando agli ultimi anni, non possiamo fare a meno di registrare che i Bitcoin – e le criptovalute in genere – si caratterizzano per la loro spiccata volatilità: certamente il Bitcoin in 5 anni ha moltiplicato il proprio valore di 140 volte però sono stati molti i periodi in cui ha praticamente dimezzato la quotazione.

Inoltre, è importante che ricordiate che il Bitcoin:

> non rappresenta un mezzo di scambio: il suo numero in circolazione è limitato e crearne di nuovi è molto difficile per motivi tecnici;

> è molto improbabile che i Governi ne permettano la diffusione senza controlli perché minerebbe la capacità degli Stati e delle Banche centrali di controllare la politica monetaria (tant’è che alcuni paesi dell’Area Asiatica hanno già creato le proprie monete digitali);

> in caso di furto (cosa già avvenuta) non esiste un’Autorità a cui rivolgersi perché non esiste alcun soggetto da contattare. E, quindi, non può funzionare come immagazzinatore di valore;

> non pare reale che il suo andamento vada in controtendenza rispetto ai mercati azionari: a volte è successo, altre no. Non ci sono quindi evidenze precise sul suo comportamento rispetto a quello dei mercati quotati ed è difficile dire se può rappresentare un’alternativa quando questi subiscono importanti decrementi.

Siete ancora convinti di voler entrare in questo mercato?

Benissimo ma non dimenticate di domandarvi – e ridomandarvi – quale è la vostra tolleranza al rischio e alla fortissima volatilità che investire nelle criptovalute comporta: questa tipologia di operazione risulta essere particolarmente speculativa e aggressiva per cui è importante che venga ben delimitata e vissuta come semplice “scommessa”, in cui possiamo guadagnare tanto ma anche perdere tanto.

Anche se siamo delle persone avvezze all’accettazione di un rischio alto, è importante che la immaginiamo un gradino sopra a un normale investimento azionario che, si, è rischioso ma rientra in un disegno di pianificazione più ampio che ne mitiga la volatilità grazie all’orizzonte temporale di medio-lungo periodo che si considera.

Insomma, rischiate se ve la sentite ma mantenete questa percentuale ben confinata così da non intaccare l’impalcatura generale del vostro portafoglio.

Claudio Cavallo